giovedì 6 novembre 2014

Le intermittenze della morte di José Saramago

In una delle mie incursioni in libreria, mi è saltato all’occhio  “Le intermittenze della morte” di José Saramago. Era messo fuori ordine alfabetico. In verità cercavo tutt’altro libro ma,
com’è noto, nulla accade per caso, sicché ho considerato quel “fuori posto” come un richiamo e non ho saputo resistere: comprato!
E poi è un Saramago,  che diamine!  Leggendolo hai netta la sensazione che lui sia lì con te sul divano di casa e ti racconti un’eccentrica storia e tu non puoi far altro che restare rapita dai suoi ragionamenti: l’ascolti, ti poni delle domande e lui – come se le leggesse nei tuoi occhi – ti da le risposte. 
Mi ha tenuto compagnia un week end  (lo spazio che ho impiegato per leggere, bere, divorare  questo romanzo). Da tempo, ormai,  non mi succedeva così.

Penso che Le intermittenze della morte sia, a dispetto del titolo, un inno alla vita,  dove l’odiosa parca    mostra il suo lato umano e, come tale, essa stessa sarà vittima di una Morte.  Un paradosso? Che rispondere … quando fantasia e congetture si fondono diventando genialità, tutto è incredibilmente credibile,  e a far ciò Saramago ne era maestro.

La narrazione è metafisica. Come nella maggior parte dei romanzi di Saramago,  le azioni  si svolgono in un Paese non meglio identificato e i personaggi non hanno nome.
L’evolversi della trama è per metà un excursus sociologico:
dall’ultimo rintocco della mezzanotte del 31 dicembre,  nessun cittadino muore più. Tutti quelli in fin di vita restano attaccati al sottile filo che li tiene su questa terra e per quanto si faccia o si voglia, la morte non passa a prenderli.
 Non si muore più, quindi!
 La gioia dilaga nel paese, ma ben presto ci si rende conto che un evento simile non lo si potrà gestire facilmente: le case di riposo straboccano, gli ospedali non reggono il carico di tutte queste vite in bilico tra la vita e la morte, le imprese funebri falliscono. Tutti chiedono sovvenzioni allo Stato che, tra l’altro, è accusato di essere il diretto responsabile di questa catastrofe. Persino la Chiesa si rende conto di avere i giorni contati poiché senza morte non c’è resurrezione:  la dottrina è caduta. Infine l’aspetto forse più importante per il messaggio del romanzo,  quello filosofico - descritto dall’autore con semplicità e ironia - che dice che di Morte (con la maiuscola)  ne esiste solo una, tutte le altre sono morti minori che moriranno a loro volta,
I malati sono stanchi di questa interminabile agonia e ne implorano la fine .
L’unico modo per trapassare è sconfinare in uno dei Paesi limitrofi;  ma ciò non è legale. Così una “benevola” organizzazione che si fa chiamare maphia,  si incarica dei “suicidi” oltreconfine , e manleva  i famigliari degli infermi  dall’incresciosa incombenza di aiutare il proprio caro nel morire (qui ci ho trovato, tra l’altro, un riferimento alla legalizzazione o meno dell’eutanasia).
Dopo sette mesi, la serial killer decide di tornare a colpire e lo comunica  inviando una lettera ai media. Non sarà, però, tutto uguale a prima, questa volta i designati verranno avvisati, da una lettera viola, una settimana prima dell’evento.  Ritorna il panico tra i cittadini, mentre case di riposo, ospedali, imprese funebri esultano per il ritorno alla normalità. Anche la Chiesa, ora,  può riprendere il suo ruolo di intimidatrice.
S
i entra quindi nella seconda parte della trama, da qui l’autore ci mostra il lato umano della morte:
con l’aiuto di un antropologo chiamato dai cittadini, le da un aspetto fisico, ci fa entrare nella sua dimora a decine di metri sotto terra, ce la mostra al lavoro tra schedari e cartellini,  tra fogli e buste viola da compilare ed inviare ai “morenti”.  Si sa che sbagliare è umano sicché anche la morte sbaglia: la lettera viola indirizzata ad un violoncellista di 49 anni,  ritorna indietro.  Chi ha osato rifiutare la morte!? Stizzita ed incuriosita, una notte esce dal suo antro per andare a vedere dove vive il violoncellista. È una casa modesta con una stanza della musica: un pianoforte, un violoncello, un leggio, spartiti … la morte si sofferma a leggere le note di un’opera di Bach, mentalmente le sente suonare e si commuove. Poi entra nella stanza dove dorme la sua mancata vittima e intravede accoccolato accanto al letto un cane … si accascia sul divanetto in preda ad un’altra crisi di umanità.

L
a storia continua mostrandoci altri lati umani della morte,  ma io mi fermo qui.
Buona lettura.