giovedì 2 luglio 2015

"Il paese dei coppoloni" - Vinicio Capossela

"Ora l'emigrato era tornato a ricomporre quei mondi tra cui aveva dibattuto la vita, nella solitudine che sempre procura l'essere molte cose e nessuna. La sua Itaca l'aveva trovata vuota e piena di sonno." (pag 199)

Ne "Il paese dei coppoloni" si legge una storia che racconta le storie nella Storia del XX secolo (il gioco di parole è voluto). Una leggenda. Una sorta di canto
epico d'una terra che fu: l'Irpinia. Lì,  Capossela, l'Autore, si reca alla ricerca delle proprie origini. Le ritrova nei ricordi delle persone dallo stortonome che incontra, nelle campagne abbandonate, negli oggetti del passato, tra le mura delle case, nelle piazze dei paesi che visita.
Il libro si divide in due parti ed un epilogo.
Nella prima, il viandante (l'Autore) è alla scoperta dei Siensi: l'intelletto, il giudizio, la profondità di pensiero. Si dice che i Siensi siano rinchiusi in un grotto e sorvegliati da Coppolicchio,  ma in realtà sono custoditi nell'animo dei tanti paesani che incontra, nei loro racconti di vita. Gente povera di istruzione e denaro, ma ricca di saggezza, ironia, poesia. Per lo più contadini che han lavorato con amore e riconoscenza  la loro terra.
Nella seconda parte, il viaggiatore vuole incontrare I Musicanti: il diletto (il Ricreo). Ma, per quanto possa chiedere in giro, i Suonatori sembrano tutti inghiottiti dalle esigenze di una modernità che - come tanti altri, sopratutto i più giovani -  li ha costretti alla ricerca di un lavoro sicuro e  spesso all'emigrazione oltre oceano. Da chi è rimasto, il viandante ascolta racconti ricchi di rimpianto per le feste di sposalizi che duravano giorni a suon di musica, vino, e cibo a volontà. Per i festeggiamenti in onore del Santo Patrono dove sfarzo, luci, musica non potevano mancare. Per gli improvvisati spettacoli dei Suonatori che, in cambio di un applauso, spezzavano il silenzio delle calde serate estive. Divertimenti sani e genuini in pagamento di una vita di duro lavoro.
In due parole: intelletto (i Siensi) e diletto (i Musicanti) sono le origini che oggi ci siam perse.

Il cantautore Capossela lo seguo da tempo, dello scrittore, invece, è il primo libro che leggo. Ci ho trovato sintassi e grammatica fuori dagli schemi perché influenzate dalle forme dialettali dei luoghi raccontati e dal linguaggio poetico dal ritmo melodioso che contraddistingue l'Autore. Leggerlo  trasporta, 
 inevitabilmente, il lettore in un mondo mitologico dove il tempo si è fermato.