“Ci sono ancora, da qualche
parte, sono qui, separata da questa devastazione, l’angoscia non mi ha ancora
presa tutta, c’è ancora un angolo dove posso mettermi al riparo e dire: io.” (cit)
Pur non amando particolarmente
leggere i libri premiati o troppo pubblicizzati, questo di Tiziano Scarpa mi ha
subito incuriosita per l’abbinamento romanzo/musica.
È infatti grazie alla musica che la
protagonista, Cecilia, ritrova la sua “essenza di vita” il suo “riscatto”. Musica che qui ritroviamo in
un parallelismo con l’acqua: entrambe fonti purificatrici, entrambe metafore di
libertà. Musica della quale percepiamo
le note ad ogni pagina letta.
All'inizio del racconto, l’autore dà un’impronta cupa e sconcertante, proprio come lo stato d’animo della protagonista, ma via via speranza, ribellione, curiosità e voglia di affermazione rischiarano la narrazione di un libro scritto con un linguaggio raffinato che non cade mai nel banale.
All'inizio del racconto, l’autore dà un’impronta cupa e sconcertante, proprio come lo stato d’animo della protagonista, ma via via speranza, ribellione, curiosità e voglia di affermazione rischiarano la narrazione di un libro scritto con un linguaggio raffinato che non cade mai nel banale.
Nasce Cecilia, frutto di un amore proibito, e viene immediatamente chiusa in un orfanotrofio gestito da suore. La fanciulla cresce col pensiero rivolto alla madre di cui non conosce né il volto né il nome ma che sente sempre presente vicino a lei: con lei “dialoga” ogni notte e, sempre lei, l’accompagna durante il giorno.
L’educazione del convento prevede l’insegnamento della musica e Cecilia è un’ottima allieva che
apprende subito e mostra una straordinaria empatia con la musica, la vive sul suo corpo e con la sua anima, quasi come se il violino da sei suonato non fosse solo un semplice strumento musicale, bensì uno strumento di comunicazione tra lei e il suo passato … e il suo futuro. Come tutte le adolescenti, anche in lei nasce la voglia di ribellione alle severe regole di vita che la costringono a estenuanti studi e a non avere rapporti con altre persone al di fuori del convento: addirittura persino le trasferte per andar a suonare nelle chiese della città vengon fatte celando le ragazze sotto pesanti veli neri e le esibizioni si svolgono dietro fitte grate.
Finalmente arriva un nuovo insegnante di musica, un sacerdote di nome Antonio Vivaldi che comprendendo la sensibilità della musicista e le sofferenze del suo vivere, l’aiuterà a ritrovar nuova vita.
Un libro da leggere tutto d’un
fiato, dal quale non è stato tratto (a mia notizia) nessun film ma diverse
rappresentazioni teatrali: l'attrice
Stefania Pepe e il regista Andrea Chiodi hanno tratto un monologo che ha
debuttato a Milano, il regista Oliviero Corbetta ha allestito una lettura
scenica, con Giuliana Lojodice come protagonista, da alcuni frammenti teatrali e narrativi la
compagnia Aidateatro/Qui e Ora ha tratto lo spettacolo “Con tutto l’amore del
mondo”. Basta questo per capire che Stabat
Mater è un libro inusuale che merita attenzione.
Biografia : Tiziano Scarpa